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«Cicerone o il dramma della parola» di Anna Foa e Vittorio Pavoncello «La pièce teatrale di Anna Foa e Vittorio
Pavoncello si apre cogliendo Cicerone in un giorno fatale: le Idi di marzo del
44 a.C., mentre intento ad istruire un giovane discepolo nell’arte della
retorica e nella filosofia gli viene annunciata dal fratello Quinto la morte di
Cesare. Dopo la data fatale, incurante dei consigli del fratello Quinto e dei
famigliari, incurante degli inviti alla prudenza della ex moglie Terenzia,
Cicerone va a testa bassa contro Antonio armato solo delle Filippiche,
nell’illusione di ripetere vittoriosamente un Catilina bis. Nella tragedia i
greci diedero voce a quello che noi moderni chiamiamo la “freccia del tempo”,
ovvero la unidirezionalità o non reversibilità degli eventi. Nell’agone politico
romano – che ricorda più lo scenario del Padrino che quella cosa
(apparentemente) soft che oggi va sotto il nome di “politica” – non c’era spazio
per gli errori. Cicerone era troppo prigioniero del passato, sia quello di una
Repubblica ormai sul viale del tramonto che del suo ruolo – un altro frammento
del passato – di “padre della patria” e di “re” della parola, per guardare in
faccia la nuova realtà. Il lavoro di Anna Foa e Vittorio Pavoncello lo ritrae
chiuso in se stesso, come un re prigioniero del suo regno, il “regno della
parola”, appunto. Ma le “armi della critica”, a Roma, hanno da tempo ceduto il
posto alla “critica delle armi”». |